lunedì 12 dicembre 2011

1 Alimenti biologici, a Verona smascherata una maxi-truffa

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Una fila di tir carichi di sette milioni di quintali di prodotti alimentari con la falsa etichetta «biologico» lunga oltre 500 chilometri - la distanza tra Verona e Roma: è questa l'immagine usata per rendere l'idea della maxi-frode alimentare messa in atto dal 2007 ad oggi e scoperta dalla Guardia di Finanza scaligera. Una maxi-frode che ha portato in questi anni tutta questa merce sul mercato e, ieri, in carcere sette persone per associazione per delinquere, frode e falso.
«OPERAZIONE GATTO CON GLI STIVALI». Le Fiamme Gialle hanno messo le mani su un «meccanismo» che ruotava attorno ad aziende a tutti gli effetti produttrici di prodotti biologici ma che, grazie alla compiacenza di funzionari e dipendenti di organismi deputati a certificare come biologica la produzione e la provenienza dei prodotti agricoli, non avevano remore a trasformare frumento, farine, frutta fresca e altro coltivati normalmente o destinati ad altro tipo di alimentazione in «autentico biologico». Il tutto, con guadagni che quadruplicavano.
L'operazione, denominata «Gatto con gli stivali», coordinata dalla procura della Repubblica di Verona - l'inchiesta è stata condotta dai pm Maria Beatrice Zanotti e Maria Federica Ormanni - ha portato al sequestro materiale di 2.500 tonnellate di prodotti agro-alimentari, ma sulla carta è stato ricostruito un giro di immissione sui mercati in questi anni di sette milioni di quintali, pari a un valore di oltre 220 milioni di euro.
Il mercato del biologico in Italia, secondo una stima fornita dagli investigatori, ha un giro d'affari annuo di tre miliardi di euro e in Europa di 17 miliardi. Secondo la Coldiretti, un italiano su 2 compra bio.
GLI ARRESTATI. In carcere sono finiti: Luigi Marinucci, 63 anni, di Angiari (Verona), legale rappresentante della «Sunny Land Spa» e della «Società Agricola Marinucci»; Davide Scapini, 43, di Sona (Verona), socio al 49 PER CENTO e direttore commerciale della «Sunny Land» oltre che rappresentante di altre aziende; Angela Nazaria Siena, 39, di San Severo (Foggia), rappresentante della «Bioecoitalia srl» e di altre aziende nel settore agricolo-cereale; Andrea Grassi, 45, di Argenta (Ferrara), consulente e rappresentante di aziende agricole; Michele Grossi, 36, di Fano (Pesaro-Urbino), direttore regionale Marche dell'Organismo di Certificazione e controllo di suolo e salute. E poi, Stefano Spadini, 46, genovese, residente a Monte Cerignone (Pesaro-Urbino), consulente della Direzione Regionale Marche di Suolo e salute; Caterina Albiero, 47, di Salizzole (Verona), socio accomandatario della «Bioagri sas» e rappresentante legale de «La Spiga srl».
Altre sei persone risultano indagate a piede libero e perquisizioni sono state fatte in queste ore in case e aziende in provincia di Verona, Padova, Rovigo, Bergamo, Bologna, Macerata e Foggia.
NOVE LE REGIONI INTERESSATE. In tutto le indagini hanno riguardato una quarantina di imprese, tutte operanti nel settore della produzione e commercializzazione di cereali e frutta fresca in Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Lazio, Marche, Abruzzo, Puglia e Sardegna. 
Il meccanismo della frode, particolarmente complesso, prevedeva di fatto acquisti di merce in Italia e in Romania - qui grazie a una società creata ad hoc -, la 'trasformazionè attraverso falsa documentazione in prodotto «biologico» e la vendita dello stesso, con relativo valore moltiplicato dalla 'specificita«, oltre che in Italia, in Olanda, Germania, Spagna, Francia, Belgio, Ungheria, Austria e Svizzera. Da accertare se all'estero c'erano 'complicì. I falsi prodotti biologici alla fine sono finiti a grossisti dell'industria agro-alimentare, ma sul piano della salute fortunatamente non sono stati trovati motivi per ipotizzare il danno alimentare.

1 commenti:

  1. Dall’esame di tutti i documenti che interessavano le ditte coinvolte si è accertato che il volume di prodotti con falsa certificazione biologica è meno del 2,5% di quello prospettato dalla GdF, che si riferisce all’intera quantità registrata dalle ditte indagate, che risulta frutto di fatturazione fittizia: non a caso agli arrestati vengono addebitati i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture e altri documenti inesistenti, la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.

    Anche il valore dei prodotti accompagnati da certificati falsificati è nettamente inferiore a quello stimato la settimana scorsa: applicando le quotazioni di mercato odierne, arriviamo a fatica a 5 milioni di Euro (contro i 220 milioni di cui s’era parlato: anch’essi sono riferiti al volume d’affari complessivo delle società coinvolte, sempre gonfiato da operazioni inesistenti).

    L'organismo di controllo non è stato nè complice nè connivente: ha licenziato in tronco e denunciato alla magistratura il suo collaboratore dell’ufficio marchigiano (ora arrestato) nell’estate 2010, non appena è stato scoperto il suo comportamento infedele.

    È stato anche accertato che la frode si è protratta da ottobre 2007 ad agosto 2008 e ha riguardato esclusivamente orzo, mais e soia per mangimi, girasole, farro, 2 partite di frumento e delle mele da purea (in sostanza, nella quasi totalità ingredienti per mangimi)

    Il perimetro della frode (che innegabilmente c'è stata, ma si palesa più come “frode fiscale” che come “frode biologica”), va assai ridimensionato.

    Ciò non basta a rasserenare le 47.658 aziende perbene e le oltre 300.000 persone che lavorano nel settore biologico italiano (che sono parte lesa e attraverso le loro organizzazioni stanno costituendosi parte civile nel processo), ma dà almeno la dimensione corretta.

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